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Equinozio d'Autunno
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Equinozio d'Autunno
[un racconto comune dei Nord dello Squadrone XXX]
In un punto imprecisato del deserto, durante il viaggio verso Urania – 21 settembre 2117
Il crepuscolo stava calando in quella landa desolata. La marcia dello Squadrone si era arrestata da poco – quella folle, azzardata e insensatamente coraggiosa marcia verso Urania, forse verso la morte, forse verso un’enorme svolta nella guerra...forse verso entrambe le cose. Gli uomini e le donne della spedizione si stavano preparando al rancio e alle poche, guardinghe ore di riposo che sarebbero state loro concesse...ma non i Nord.
Non quella notte: quella era una notte degli spiriti.
Era il giorno in cui dì ed oscurità si bilanciavano; il giorno del mutamento, l’inizio del riposo, l’avvicinarsi delle lunghe notti, il momento in cui il velo tra il visibile e l’invisibile si assottigliava.
Quello era un giorno degli spiriti.
Non c’era in quel luogo un punto consacrato in cui riunirsi, né un Inipi in cui purificarsi dopo la cerimonia;ma non per questo i Nord si sarebbero lasciati scoraggiare. Gli uomini sacri portavano la propria fede con sé, nei propri gesti, nel cuore dei guerrieri, nelle mani dei guaritori. Il Nord portava il Nord con sé, nelle proprie peregrinazioni.
Lo sciamano del clan Hauksbòk incedette con grazia fino ad uno spiazzo ad una certa distanza dall’accampamento, lasciandosi alle spalle con sdegno la marmaglia delle altre genti indegne; Matwav camminava al suo fianco, reggendo il proprio tamburo da viaggio. Si sedettero a terra a gambe incrociate ed occhi chiusi; Matwav iniziò a battere piano un lento ritmo sullo strumento, mentre l’altro estraeva un flauto d’osso. Una sola nota acuta si innalzò nella sera, un suono ultraterreno che fece scendere un brivido lungo la schiena dei Ribelli, subito smorzato in una bassa melodia cantilenante. Gli altri Nord si avvicinarono silenziosamente; in circostanze normali, alcuni avrebbero portato sonagli ricavati da zucche essiccate, altri tamburelli di pelle umana ben tesa, altri ancora cembali tintinnanti...ma non stavolta: stavolta la silenziosità era d’obbligo, stavolta il rischio di farsi udire dai soldati della Tiranna imponeva una cerimonia smorzata, cauta e pacata.
Si sedettero in cerchio attorno agli sciamani, unendosi al ritmo, lasciandosi guidare dalla musica bassa e lasciandosi alle spalle il mondo terreno. Gli uomini-degli-spiriti iniziarono un canto sommesso, lamentoso, quasi ossessivo; dondolavano a ritmo di quei suoni, mentre la Prima Notte d’Autunno calava umida attorno a loro, riunendo in sé tutti i figli dell’aspro Nord. Un vento improvvisamente freddo si levò sul deserto, sollevando mulinelli di polvere attorno al cerchio dei Nord ed ululando tra i ricoveri di fortuna e i mezzi dello Squadrone. Qualche foglia secca, venuta da chissà dove, venuta da molto lontano, turbinava in quel vento. Lo sciamano Hauksbòk tese la mano, afferrandone una al volo con grande prontezza e levando per essa una nuova nota del suo canto.
Bjorn sedeva in mezzo agli esploratori di Floki, ad occhi serrati e capo chino; i suoi muscoli erano contratti, il volto gravato come sempre dalle preoccupazioni del suo ruolo. Iniziò a recitare parole di preghiera a bassa voce, quasi impercettibili alle orecchie dei Nord seduti al suo fianco. Al termine della preghiera, si incise sul polso destro tre rune Teiwaz concatenate, pronunciando tre volte il nome di Tyr. E, mentre il canto proseguiva, la sua espressione si distese togliendo anni e peso dal suo viso: era in comunione con ciò che lo circondava, con il soffio degli spiriti che in quella notte si facevano più vicini ai mortali. Jerv stava nell’ombra da qualche parte ai margini del cerchio, lontana dagli altri; scrutava senza posa i dintorni, osservando i volti degli alleati Hauksbòk attorno a sé, come sempre incapace di fidarsi o tantomeno di abbandonarsi alla cerimonia. Si era seduta come tutti, ma non a gambe incrociate: in ginocchio, pronta a scattare in piedi ad ogni minaccia. I suoi occhi guizzavano tra le ombre elusive, le orecchie fremevano cercando di discernere ogni possibile suono mascherato dalla musica rituale. La sua mente era forse molto lontana da quel luogo e da quel tempo. Era lì tra loro - eppure distinta, eppure isolata, mai in pace. Al contrario di Rolf: l'anziano esploratore sedeva quieto e impassibile, quasi invisibile nella notte, silenzioso come sempre eppure a suo agio nella corrente purificatrice del rito. I due uomini Skal rimasti si erano riuniti l’uno accanto all’altro, cercando conforto nella reciproca vicinanza e nella fratellanza di sangue e d’intenti; ma non la cacciatrice.
Molti altri erano nel cerchio con loro: i riccioli neri di Kalmund ondeggiavano al vento della notte, la sagoma imponente di Torbjørn si stagliava tra i suoi compagni di Clan, la voce lieve di Paapi faceva da contrappunto ai colpi cadenzati di Matwav sul tamburo, e gli altri esploratori e curatori inviati da Floki a supporto della missione completavano il circolo.
Lentamente il crepuscolo cedette il passo alla notte e il vento calò, riportando il silenzio nella landa desertica; lentamente, uno ad uno i Nord lasciarono il cerchio, ciascuno quando si sentiva pronto, quando si sentiva purificato, quando si sentiva in pace con gli spiriti e i suoi fratelli. Gli sciamani suonarono gli ultimi colpi sommessi sui tamburi, celebrando l’Autunno e lodando gli spiriti mentre la Prima Notte giungeva al suo culmine e portava con sé, per gli uomini dello Squadrone, l’ora di riprendere la marcia verso la battaglia, il sangue e la speranza.
In un punto imprecisato del deserto, durante il viaggio verso Urania – 21 settembre 2117
Il crepuscolo stava calando in quella landa desolata. La marcia dello Squadrone si era arrestata da poco – quella folle, azzardata e insensatamente coraggiosa marcia verso Urania, forse verso la morte, forse verso un’enorme svolta nella guerra...forse verso entrambe le cose. Gli uomini e le donne della spedizione si stavano preparando al rancio e alle poche, guardinghe ore di riposo che sarebbero state loro concesse...ma non i Nord.
Non quella notte: quella era una notte degli spiriti.
Era il giorno in cui dì ed oscurità si bilanciavano; il giorno del mutamento, l’inizio del riposo, l’avvicinarsi delle lunghe notti, il momento in cui il velo tra il visibile e l’invisibile si assottigliava.
Quello era un giorno degli spiriti.
Non c’era in quel luogo un punto consacrato in cui riunirsi, né un Inipi in cui purificarsi dopo la cerimonia;ma non per questo i Nord si sarebbero lasciati scoraggiare. Gli uomini sacri portavano la propria fede con sé, nei propri gesti, nel cuore dei guerrieri, nelle mani dei guaritori. Il Nord portava il Nord con sé, nelle proprie peregrinazioni.
Lo sciamano del clan Hauksbòk incedette con grazia fino ad uno spiazzo ad una certa distanza dall’accampamento, lasciandosi alle spalle con sdegno la marmaglia delle altre genti indegne; Matwav camminava al suo fianco, reggendo il proprio tamburo da viaggio. Si sedettero a terra a gambe incrociate ed occhi chiusi; Matwav iniziò a battere piano un lento ritmo sullo strumento, mentre l’altro estraeva un flauto d’osso. Una sola nota acuta si innalzò nella sera, un suono ultraterreno che fece scendere un brivido lungo la schiena dei Ribelli, subito smorzato in una bassa melodia cantilenante. Gli altri Nord si avvicinarono silenziosamente; in circostanze normali, alcuni avrebbero portato sonagli ricavati da zucche essiccate, altri tamburelli di pelle umana ben tesa, altri ancora cembali tintinnanti...ma non stavolta: stavolta la silenziosità era d’obbligo, stavolta il rischio di farsi udire dai soldati della Tiranna imponeva una cerimonia smorzata, cauta e pacata.
Si sedettero in cerchio attorno agli sciamani, unendosi al ritmo, lasciandosi guidare dalla musica bassa e lasciandosi alle spalle il mondo terreno. Gli uomini-degli-spiriti iniziarono un canto sommesso, lamentoso, quasi ossessivo; dondolavano a ritmo di quei suoni, mentre la Prima Notte d’Autunno calava umida attorno a loro, riunendo in sé tutti i figli dell’aspro Nord. Un vento improvvisamente freddo si levò sul deserto, sollevando mulinelli di polvere attorno al cerchio dei Nord ed ululando tra i ricoveri di fortuna e i mezzi dello Squadrone. Qualche foglia secca, venuta da chissà dove, venuta da molto lontano, turbinava in quel vento. Lo sciamano Hauksbòk tese la mano, afferrandone una al volo con grande prontezza e levando per essa una nuova nota del suo canto.
Bjorn sedeva in mezzo agli esploratori di Floki, ad occhi serrati e capo chino; i suoi muscoli erano contratti, il volto gravato come sempre dalle preoccupazioni del suo ruolo. Iniziò a recitare parole di preghiera a bassa voce, quasi impercettibili alle orecchie dei Nord seduti al suo fianco. Al termine della preghiera, si incise sul polso destro tre rune Teiwaz concatenate, pronunciando tre volte il nome di Tyr. E, mentre il canto proseguiva, la sua espressione si distese togliendo anni e peso dal suo viso: era in comunione con ciò che lo circondava, con il soffio degli spiriti che in quella notte si facevano più vicini ai mortali. Jerv stava nell’ombra da qualche parte ai margini del cerchio, lontana dagli altri; scrutava senza posa i dintorni, osservando i volti degli alleati Hauksbòk attorno a sé, come sempre incapace di fidarsi o tantomeno di abbandonarsi alla cerimonia. Si era seduta come tutti, ma non a gambe incrociate: in ginocchio, pronta a scattare in piedi ad ogni minaccia. I suoi occhi guizzavano tra le ombre elusive, le orecchie fremevano cercando di discernere ogni possibile suono mascherato dalla musica rituale. La sua mente era forse molto lontana da quel luogo e da quel tempo. Era lì tra loro - eppure distinta, eppure isolata, mai in pace. Al contrario di Rolf: l'anziano esploratore sedeva quieto e impassibile, quasi invisibile nella notte, silenzioso come sempre eppure a suo agio nella corrente purificatrice del rito. I due uomini Skal rimasti si erano riuniti l’uno accanto all’altro, cercando conforto nella reciproca vicinanza e nella fratellanza di sangue e d’intenti; ma non la cacciatrice.
Molti altri erano nel cerchio con loro: i riccioli neri di Kalmund ondeggiavano al vento della notte, la sagoma imponente di Torbjørn si stagliava tra i suoi compagni di Clan, la voce lieve di Paapi faceva da contrappunto ai colpi cadenzati di Matwav sul tamburo, e gli altri esploratori e curatori inviati da Floki a supporto della missione completavano il circolo.
Lentamente il crepuscolo cedette il passo alla notte e il vento calò, riportando il silenzio nella landa desertica; lentamente, uno ad uno i Nord lasciarono il cerchio, ciascuno quando si sentiva pronto, quando si sentiva purificato, quando si sentiva in pace con gli spiriti e i suoi fratelli. Gli sciamani suonarono gli ultimi colpi sommessi sui tamburi, celebrando l’Autunno e lodando gli spiriti mentre la Prima Notte giungeva al suo culmine e portava con sé, per gli uomini dello Squadrone, l’ora di riprendere la marcia verso la battaglia, il sangue e la speranza.
Matilde- Ribelli
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